venerdì 27 gennaio 2012

Zepp-Paris



Certe macchine da caffè possiedono un'anima.
Un'energia intrinseca che dona brividi e sussulti a chi semplicemente le tocca, le accarezza e ne scopre delicatamente le parti intime.

Questa è una di quelle macchine.


Di primo acchito direte: " ma è incompleta! dov'è il bricco?"
Questo è un bel mistero.
Tutte le altre sorelle viste in tanti anni, non ce l'avevano mai!
Alcune presentavano un reggitazza con foro rotondo.
 La base nella parte frontale porta inciso (a bulino!) il produttore a destra, mentre a sinistra la sigla indicante il brevetto privo di garanzia governativa (BreveTE' Sans Garantie Du Gouvernement).
Se poi vi chiederete come mai non è lucida come le altre mie alluminose...
... il motivo è che questo alluminio non è lucidabile!
Pazzesco.
Il manico del portafiltro è l'elemento più caratterizzante: tozzo, buffo, improbabile, eppure funzionale.
Il filtro pur adattandosi "discretamente" è quasi certamente recuperato da un ovetto per le infusioni del the. Nonostante ciò i residui di caffè ci confermano la bontà dell'idea nel suo nuovo utilizzo.
Il portafiltro è unico nella sua concezione: diametralmente opposto agli standard italiani; la guarnizione ce lo dimostra chiaramente.
Il tappo di per sè è una vera opera d'arte, in bakelite pesante.
Non c'è il bricco? 
Qualcosa si trova sempre.
Sembra quasi in sintonia.
La Zepp vi saluta e si congeda da voi, accomodandosi accanto alle sue nuove amiche.
Semplicemente Splendida.

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