S.I.M.E.R.A.C.
Società Industriale Materiale Elettrico Ragionier Antonio Cotechini
Certe macchine del caffè lasciano il segno.
Nell'immaginario collettivo, nella Storia, o nel Cuore del piccolo collezionista.
Il "padellone" Simerac è sicuramente una di queste.
Colpa anche della copertina dell'edizione italiana del raro libro di Ambrogio Fumagalli, mi sà.
Società Industriale Materiale Elettrico Ragionier Antonio Cotechini
Certe macchine del caffè lasciano il segno.
Nell'immaginario collettivo, nella Storia, o nel Cuore del piccolo collezionista.
Il "padellone" Simerac è sicuramente una di queste.
Colpa anche della copertina dell'edizione italiana del raro libro di Ambrogio Fumagalli, mi sà.
Non mi è mai piaciuta, anzi, quando mi è stata segnalata, il mio primo pensiero è stato quello di proporla a chi la cercava da sempre: il celeberrimo "principe del foro felsineo" G. G.
Poi come spesso accade, la macchina ha preso una deviazione verso la Venezia Giulia per una piccola restauratina.
Una volta arrivata... amore a prima vista!
E mentre la smontavo, la rimontavo e la coccolavo in ogni sua più piccola parte, l'amore aumentava.
Che gioiello!
Che meraviglia!
Manici, pomellini e manopole sembrano di avorio, o di osso, ma in realtà sono in celluloide; probabilmente in origine erano più chiari.
I classici piedini Simerac a forma di zoccolo mantengono in perfetto equilibrio la macchina, e garantiscono la corretta areazione del sotto base.
Tutte le manopole sono terribilmente irregolari, come se non fossero state tornite ma modellate a mano.
Un tocco in più di "vintage" che aiuta a spezzare la perfetta armonia del metallo cromato.
Il tappo del caricamento acqua è pesantissimo e... bellissimo!
I manici laterali della "padella" sono in legno verniciato: le tre sottili incisioni sulla forma a botte allungata ben si armonizzano con il corpo macchina.
Le scanalature concentriche della padella servivano da raccogli goccia, per evitare di macchiare la tovaglia "buona" quando l'apparecchiatura veniva portata trionfalmente a tavola per stupire gli ospiti.
La valvola di sicurezza posta sul cappello avvisava che la pressione all'interno della caldaia era ottimale, quindi agendo rispettivamente sulle valvole di ammissione, si poteva decidere se erogare 2 o 4 caffè.
Termino questa mia presentazione con 2 immagini rarissime: una cartolina pubblicitaria ed un estratto da un catalogo anni '30, quando la produzione si era già trasferita da Ferrara a Milano, ed iniziò la collaborazione con la Zerowatt.... ma questa è un'altra storia...
Immagini gentilmente concesse da Alberto Cavallaroni. |
é bellissima. La si deve osservare e contemplare come se fosse un'opera d'arte, ricca di particolari e finezze invidiabili dalla nuova generazione di macchine da caffè.
RispondiEliminaLucio ti sapevo collezionista appassionato, restauratore colto e dalle mani d'oro, adesso esageri sei anche un POETA raffinato.
RispondiEliminaCiao Alberto
E bravo il nostro Lucio. Finalmente qualcuno che fa cultura e divulgazione collettiva sull'argomento!
RispondiEliminaGianni
Splendida. Sembra un UFO. Ma fa anche il caffè!!!
RispondiEliminaQuante ne hai adesso??
Ciao da Giulio
@ Giulio : ne ho troppe.
RispondiEliminaquelle veramente meritevoli saranno 200.
Uaooo!!!Caro Lucio quand'è che finirai di stupirmi???
RispondiEliminaDi tutte le caffettiere questa è senz'altro una di quelle che entrano di forza nella mia top ten!!
Complimenti.
Jimmy.
Dopo l'ennesima mail... rispondo a tutti: la macchina non è mia, l'ho solo restaurata.
RispondiEliminaPosso dare un news: i dadini che tenevano i pomelli neri erano dello stesso materiale delle manopoline bianche! Almeno la mia è così... ;P
RispondiEliminasalve vorrei sapere il prezzo approssimativo di una macchina da caffè simile. Chiunque ne sappia di più contattate a thedoctormaster@hotmail.it. Grazie a tutti
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