Pochi giorni fa per una fortunata coincidenza ho avuto la fortuna di leggere per la prima volta in vita mia questa rivista :
NUMERO, settimanale umoristico illustrato (1914-1919)
Tipografia BONA - TORINO - 1914-1919
Questa magistrale rivista
satirica ebbe una grande influenza e documentò in modo efficace il
periodo durante ed a ridosso della prima guerra mondiale.
Venne
fondato da NINO CAIMI e da GOLIA (pseudonimo di EUGENIO COLMO inventato
per lui dall'amico GOZZANO). Si alternarono sul palcoscenico di NUMERO
circa 200 dei migliori illustratori dell'epoca con FILIBERTO SCARPELLI
protagonista e capofila. Ma non si devono dimenticare CARLIN, SACCHETTI,
BRUNELLESCHI, SERGIO TOFANO, BISCARETTI, BISI, DUDOVICH, NASICA,
BOETTO, BONZAGNI, MUSINI , MAZZA,RODETTA, QUAGLINO, BOMPARD, ANGOLETTA,
NINCHI, NIRSOLI, FIORINI, BISTOLFI, YAMBO, SINOPICO, ALEARDO TERZI,
GUSTAVINO, MAUZAN,DUDREVILLE, KIERNEK, PORCHEDDU ed altri.I fascicoli
erano tutti di poche pagine, senza numerazioni interne e lasciavano poco
spazio ai testi essendo le figure e le graffianti illustrazioni sempre
PROTAGONISTE con sullo sfondo la guerra, il potenti, i soprusi, le
tragedie in chiave satirica e dolente. Sono sempre presenti anche
piccole e gradevoli pubblicità in b/n..
(click per la fonte)
Sfogliando la raccolta del 1917 ad un certo punto una piccola pubblicità mi ha colto di sorpresa:
"Orso, la migliore delle caffettiere express (Figli di Silvio Santini Ferrara)"
Che grande emozione!
Questa era una pubblicità sconosciuta per me, e soprattutto era una novità anche per il massimo esperto di caffettiere Ferraresi, il dott.Cavallaroni.
Sfogliando a caso le pagine, ho notato che quasi ogni settimana veniva pubblicata questa pubblicità, ma facendo ben attenzione ecco comparire altre inserzioni inaspettate:
il 25 marzo 1917, sul n°170
In hoc signo vinces
frase latina, dal significato letterale: "in questo segno vincerai", traduzione del greco ἐν τούτῳ νίκα (letteralmente: "in questo vinci") (click per la fonte)
Qui si gioca sull'affinità tra il simbolo della "Figli di Silvio Santini", un orso, ed il simbolo della Grande Russia (sempre un orso) (a riguardo consiglio vivamente la lettura di questo interessante articolo che ci racconta la storia dell'orso
Mihajl Potapovič (click sul link))
L'aspetto più interessante di questa pubblicità e di quelle successive è che la realizzazione delle stesse era affidata ai disegnatori delle vignette di cui era disseminata la rivista.
Per questo motivo possiamo notare un particolare che potrà far sorridere:
Nessun pubblicitario avrebbe mai disegnato una caffettiera in tal guisa: il tubicino in uscita è assente, manca una tazza di raccolta, ed il caffè ha una colorazione a dir poco..imbarazzante.
Posso credere comunque che si tratti di satira occulta, avendo divorato in due giorni ben tre raccolte annuali.
l'8 aprile 1917, sul n°172
Interessante vignetta ambientata in paradiso, riproposta dalla Lavazza ben 68 anni più tardi:
il 22 aprile 1917, sul n°174
In questa vignetta vediamo due fanti in trincea prepararsi il caffè "colla meravigliosa macchina "ORSO" ".
Dubito fortemente che un fante avesse mai avuto la possibilità ed il tempo di prepararsi un caffè, forse al limite un ufficiale superiore, servito e riverito nelle sicure retrovie poste a decine di chilometri dalla prima linea.
il 13 maggio 1917, sul n°177
Questa pubblicità sottintende ad un episodio di quell'anno: la chiamata (forzata) alle armi dei "ragazzi del '99" : Furono precettati quando non avevano ancora compiuto diciotto anni. I primi contingenti italiani, 80 000 circa, furono chiamati nei primi quattro mesi del 1917, e frettolosamente istruiti, vennero inquadrati in battaglioni di milizia territoriale. Alla fine di maggio furono chiamati altri 180 000 (click per la fonte)
Ragazzini imberbi mandati a morire per la patria!
Nella pubblicità il nonno ci dice che per fortuna gli è rimasto un ultimo nipote di 5 anni in grado di preparargli il caffè. Tutti gli altri sono al fronte..
il 13 maggio 1917, sul n°179
Viene riproposta la pubblicità di aprile e, come vedremo anche più avanti, visto che il clichè era già pronto, bastava modificare la didascalia per rinnovarla.
Chissà se davvero il profumo di un buon caffè avrebbe spinto il soldato KuK a rischiare la vita per sorseggiarlo?
il 10 giugno 1917, sul n°181
La stessa vignetta "riciclata" ora si intitola "in vista di Trieste".
Simpatica la precisazione :"si trova ovunque. Per speciale concessione si vende anche a chi non è in trincea!"
Il riferimento alla cruenta lotta va inteso alla 10° Battaglia dell'Isonzo:
Nel
maggio 1917, mentre era ancora in corso, nello scacchiere occidentale,
fra Soissons e Craonne, la grande offensiva di primavera, il Comando
Supremo italiano decise di appoggiarla indirettamente, attaccando lungo
tutto il fronte isontino. L’azione si sviluppò dal 12 al 28 maggio,
dando vita alla 10a battaglia combattuta sull’Isonzo.
I due Corpi della 2a Armata attaccarono il Kuk, il Vodice e il
Monte Santo. La lotta si protrasse sino al giorno 22 e si concluse con
l’occupazione dei primi due monti e delle pendici del terzo. Attratte in
tale direzione le riserve austriache, la 3a Armata iniziò, il giorno
23, un violento attacco da Castagnevizza al mare. Riuscì a portarsi fin
oltre la linea di Flondar, ma il giorno 28 l’azione si esaurì. (click per la fonte).
foto presa prima dell'assalto al monte Vodice
I due Corpi della 2a Armata attaccarono il Kuk, il Vodice e il Monte Santo. La lotta si protrasse sino al giorno 22 e si concluse con l’occupazione dei primi due monti e delle pendici del terzo. Attratte in tale direzione le riserve austriache, la 3a Armata iniziò, il giorno 23, un violento attacco da Castagnevizza al mare. Riuscì a portarsi fin oltre la linea di Flondar, ma il giorno 28 l’azione si esaurì. (click per la fonte).
Nello stesso numero del 10 giugno possiamo trovare questa interessante vignetta.
Non è una pubblicità ma ci racconta dell'effetto dei razionamenti che di conseguenza faceva lievitare i prezzi al consumo. Le difficoltà più grandi riguardarono la farina, la carne e lo zucchero. Click per la fonte.
Per gli appassionati di caffè citiamo il "Caffè purissimo di Moka" che ovviamente nulla c'entra con la celeberrima caffettiera ma si riferiva alla città yemenita.
La "falsa pubblicità" sarebbe efficace ancor'oggi:
"il più simpatico,
non problematico
caffè aromatico
si beve qui"
La macchina ricorda quella di Moriondo nella cupola superione, ma il gruppo di estrazione è di qualche altra marca. Spero che qualche esperto possa aiutarmi ad identificarla.
il 15 luglio 1917, sul n°186
Un'altra pubblicità interessante è questa a firma di Carlin (Carlo Bergoglio - click sul link) nella quale vediamo un orso intento a scappare con sci ai piedi e pipa in bocca per mettere in salvo la sua amata caffettiera Orso.
Notiamo il fornello più alto del dovuto ed una quadrettatura della caldaia per rendere l'idea del rame (non potendo utilizzare sfumature).
il 12 agosto 1917, sul n°190
Come già visto poco fa si ritorna sul razionamento, arrivato perfino in Paradiso.
Pensare di bere in quegli anni un caffè espresso senza zucchero probabilmente era una vera eresia!
il 26 agosto 1917, sul n°192
Questa pubblicità si riferisce certamente all'undicesima battaglia dell'Isonzo del 17 agosto (click per la fonte).
In quell'occasione memorabile fu la conquista del monte San Gabriele ad opera del primo reparto d'assalto italiano, gli Arditi. (click per la fonte)
E' l'unica pubblicità dell'Aquilas presente in questa raccolta, ed un motivo c'è.
L'Aquilas era la caffettiera prodotta dalla ditta "Fratelli Santini", da non confondersi con la ditta "Figli di Silvio Santini".
L'errore è evidente in questo caso, era come attribuire la "500" alla Alfa Romeo!
Già mi immagino l'indignazione in quel di Ferrara dopo la pubblicazione: "mai più con quella rivistaccia!!!"
il 9 settembre 1917, sul n°194
Questa inserzione non presenta grosse novità, permane comunque lo sfruttamento del clichè già pronto, come per la seguente:
il 16 settembre 1917, sul n°195
il 7 ottobre 1917, sul n°198
In questo caso viene affrontata la "tragedia"del consumatore di caffè: l'estenuante ricerca (ahimè invano) di un sapore simile al meraviglioso profumo che si sprigiona durante la tostatura o la macinatura stessa.
il 7 ottobre 1917, sul n°198
"Parla il nonno", tre giorni prima di una leggera azione Tedesco-Austriaca atta ad alleggerire la pressione sul fronte dell'Hermada nei pressi di Trieste.
Azione ben nota anche dai Generali italiani che da mesi stavano preparando una "trappola ben congegnata"..
Molto acuta è l'analisi di Lorenzo Del Boca, giornalista e saggista, autore del “Maledetto libro di storia che la tua scuola non ti farebbe mai leggere”.
Del Boca spiega: “E’ una sconfitta che fa vergogna perché è la
battaglia che ha messo l’aggredito cioè l’esercito italiano nelle
condizioni di conoscere con enorme puntualità quali erano i piani degli
avversari. E mai è successo nella storia che uno dei due elementi in
causa conoscesse nel dettaglio i piani dell’avversario. Però Cadorna non
ci credeva, perché lui al posto degli austriaci quell’operazione non
l’avrebbe fatta. Questo è bastato perché tutti si conformassero, e
quindi tutti hanno parlato di pseudo avanzata, pseudo iniziativa,
sminuendo le informazioni che venivano dai disertori e dal servizio di
intelligence. Le cose che potevano bloccare sono state subite, e noi
abbiamo ancora piazzale Cadorna eccetera, e non riusciamo a fare
giustizia. Ci sono dei responsabili; uno è Cadorna, un altro è Badoglio
che era il comandante dell’artiglieria ma dette ordine di non sparare.
Il comandante dell’artiglieria si chiamava colonnello Alfredo
Cannoniere. Quando venne interrogato dalla commissione d’inchiesta fece
vedere l’ordine di servizio dove c’era scritto di non sparare, perché
l’ordine doveva darlo Badoglio, che era andato a dormire tre chilometri
dietro, e nel disastro della battaglia quei tre chilometri non riuscì a
percorrerli. Se la giustizia storica avesse messo un punto, forse
avremmo evitato l’8 settembre del 1943 quando Badoglio rifece
esattamente la stessa cosa”.
Di certo il siluramento di Cadorna, spigoloso cattolico, tornò utile ai veri colpevoli di Caporetto, in primis a Pietro Badoglio, devoto massone. Sull’argomento Graziano ha preferito sorvolare accennando soltanto che «la commissione d’inchiesta fu severa con tutti tranne lui». Evidentemente il generale, uomo colto e profondo, non ha ritenuto necessario riaprire una pagina dolente per l’Istituzione militare. Comprensibile. Va però rammentato che quella notte maledetta il "callido marchese del Sabotino" — Badoglio era affamato di titoli e riconoscimenti — si “dimenticò”, dal comodo letto nelle retrovie, di ordinare ai suoi ottocento cannoni di sparare. Il silenzio di Caporetto.
Travolto dalla ritirata, Badoglio rimase per ore introvabile,
irreperibile al punto che i suoi sottoposti chiesero al roccioso
generale Caviglia — il vero eroe di quella tragedia — di essere
incorporati nelle sue truppe. Fecero bene. Il fuggitivo era in altre
cose affaccendato. Da subito — come ricorda Domenico Quirico nel suo
“Generali” (Neri Pozza) — il futuro duca di Addis Abeba s’impegnò «a
scatenare i talenti dei suoi protettori massonici: emerse da quei
negoziati, invece che con a condanna alla fucilazione alla schiena, con a
carica di sottocapo allo Stato Maggiore».
Una tragicommedia che Mussolini, una volta al potere, pensò
d’utilizzare a suo vantaggio. Nella testa machiavellica del duce i
dossier secretati erano un’arma micidiale per piegare Badoglio ai suoi
voleri. Un’illusione, il maramaldo era cortigiano perfetto — durante il
regime divenne miliardario — ma anche un personaggio infido e pronto a
tradire qualsiasi padrone. Non pago di Caporetto, Badoglio fu il regista
della vera, terribile e totale disfatta dell’Italia. L’8 settembre
1943, la data del disonore.
What wonderful, elegant advertisements and history. Bravo, Lucio!
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