giovedì 25 luglio 2019

1917: un anno di pubblicità su "Numero"


Pochi giorni fa per una fortunata coincidenza ho avuto la fortuna di leggere per la prima volta in vita mia questa rivista :
NUMERO, settimanale umoristico illustrato (1914-1919)
 Tipografia BONA - TORINO - 1914-1919

Questa magistrale rivista satirica ebbe una grande influenza e documentò in modo efficace il periodo durante ed a ridosso della prima guerra mondiale.
Venne fondato da NINO CAIMI e da GOLIA (pseudonimo di EUGENIO COLMO inventato per lui dall'amico GOZZANO). Si alternarono sul palcoscenico di NUMERO circa 200 dei migliori illustratori dell'epoca con FILIBERTO SCARPELLI protagonista e capofila. Ma non si devono dimenticare CARLIN, SACCHETTI, BRUNELLESCHI, SERGIO TOFANO, BISCARETTI, BISI, DUDOVICH, NASICA, BOETTO, BONZAGNI, MUSINI , MAZZA,RODETTA, QUAGLINO, BOMPARD, ANGOLETTA, NINCHI, NIRSOLI, FIORINI, BISTOLFI, YAMBO, SINOPICO, ALEARDO TERZI, GUSTAVINO, MAUZAN,DUDREVILLE, KIERNEK, PORCHEDDU ed altri.I fascicoli erano tutti di poche pagine, senza numerazioni interne e lasciavano poco spazio ai testi essendo le figure e le graffianti illustrazioni sempre PROTAGONISTE con sullo sfondo la guerra, il potenti, i soprusi, le tragedie in chiave satirica e dolente. Sono sempre presenti anche piccole e gradevoli pubblicità in b/n..
(click per la fonte) 
Sfogliando la raccolta del 1917 ad un certo punto una piccola pubblicità mi ha colto di sorpresa:
 "Orso, la migliore delle caffettiere express (Figli di Silvio Santini Ferrara)"
Che grande emozione! 
Questa era una pubblicità sconosciuta per me, e soprattutto era una novità anche per il massimo esperto di caffettiere Ferraresi, il dott.Cavallaroni.
Sfogliando a caso le pagine, ho notato che quasi ogni settimana veniva pubblicata questa pubblicità, ma facendo ben attenzione ecco comparire altre inserzioni inaspettate:
il 25 marzo 1917, sul n°170 



 In hoc signo vinces
 frase latina, dal significato letterale: "in questo segno vincerai", traduzione del greco ἐν τούτῳ νίκα (letteralmente: "in questo vinci") (click per la fonte)
Qui si gioca sull'affinità tra il simbolo della "Figli di Silvio Santini", un orso, ed il simbolo della Grande Russia (sempre un orso)  (a riguardo consiglio vivamente la lettura di questo interessante articolo che ci racconta la storia dell'orso
Mihajl Potapovič (click sul link))
L'aspetto più interessante di questa pubblicità e di quelle successive è che la realizzazione delle stesse era affidata ai disegnatori delle vignette di cui era disseminata la rivista.
Per questo motivo possiamo notare un particolare che potrà far sorridere:
Nessun pubblicitario avrebbe mai disegnato una caffettiera in tal guisa: il tubicino in uscita è assente, manca una tazza di raccolta, ed il caffè ha una colorazione a dir poco..imbarazzante.
Posso credere comunque che si tratti di satira occulta, avendo divorato in due giorni ben tre raccolte annuali.
 
l'8 aprile 1917, sul n°172
Interessante vignetta ambientata in paradiso, riproposta dalla Lavazza ben 68 anni più tardi:
 
il 22 aprile 1917, sul n°174
 In questa vignetta vediamo due fanti in trincea prepararsi il caffè "colla meravigliosa macchina "ORSO" ".
Dubito fortemente che un fante avesse mai avuto la possibilità ed il tempo di prepararsi un caffè, forse al limite un ufficiale superiore, servito e riverito nelle sicure retrovie poste a decine di chilometri dalla prima linea.
 
il 13 maggio 1917, sul n°177
 Questa pubblicità sottintende ad un episodio di quell'anno: la chiamata (forzata) alle armi dei "ragazzi del '99" : Furono precettati quando non avevano ancora compiuto diciotto anni. I primi contingenti italiani, 80 000 circa, furono chiamati nei primi quattro mesi del 1917, e frettolosamente istruiti, vennero inquadrati in battaglioni di milizia territoriale. Alla fine di maggio furono chiamati altri 180 000 (click per la fonte) 
 Ragazzini imberbi mandati a morire per la patria!
Nella  pubblicità il nonno ci dice che per fortuna gli è rimasto un ultimo nipote di 5 anni in grado di preparargli il caffè. Tutti gli altri sono al fronte..
 
il 13 maggio 1917, sul n°179
 Viene riproposta la pubblicità di aprile e, come vedremo anche più avanti, visto che il clichè era già pronto, bastava modificare la didascalia per rinnovarla.
Chissà se davvero il profumo di un buon caffè avrebbe spinto il soldato KuK a rischiare la vita per sorseggiarlo?

il 10 giugno 1917, sul n°181
 La stessa vignetta "riciclata" ora si intitola "in vista di Trieste".
Simpatica la precisazione :"si trova ovunque. Per speciale concessione si vende anche a chi non è in trincea!"
Il riferimento alla cruenta lotta va inteso alla 10° Battaglia dell'Isonzo:

Nel maggio 1917, mentre era ancora in corso, nello scacchiere occidentale, fra Soissons e Craonne, la grande offensiva di primavera, il Comando Supremo italiano decise di appoggiarla indirettamente, attaccando lungo tutto il fronte isontino. L’azione si sviluppò dal 12 al 28 maggio, dando vita alla 10a battaglia combattuta sull’Isonzo.


I due Corpi della 2a Armata attaccarono il Kuk, il Vodice e il Monte Santo. La lotta si protrasse sino al giorno 22 e si concluse con l’occupazione dei primi due monti e delle pendici del terzo. Attratte in tale direzione le riserve austriache, la 3a Armata iniziò, il giorno 23, un violento attacco da Castagnevizza al mare. Riuscì a portarsi fin oltre la linea di Flondar, ma il giorno 28 l’azione si esaurì. (click per la fonte).

 

foto presa prima dell'assalto al monte Vodice

 
Nello stesso numero del 10 giugno possiamo trovare questa interessante vignetta.
Non è una pubblicità ma ci racconta dell'effetto dei razionamenti che di conseguenza faceva lievitare i prezzi al consumo. Le difficoltà più grandi riguardarono la farina, la carne e lo zucchero. Click per la fonte.

Per gli appassionati di caffè citiamo il "Caffè purissimo di Moka" che ovviamente nulla c'entra con la celeberrima caffettiera ma si riferiva alla città yemenita.

La "falsa pubblicità" sarebbe efficace ancor'oggi:
"il più simpatico,
non problematico
caffè aromatico
si beve qui"

La macchina ricorda quella di Moriondo nella cupola superione, ma il gruppo di estrazione è di qualche altra marca. Spero che qualche esperto possa aiutarmi ad identificarla.
il 15 luglio 1917, sul n°186
 Un'altra pubblicità interessante è questa a firma di Carlin (Carlo Bergoglio - click sul link) nella quale vediamo un orso intento a scappare con sci ai piedi e pipa in bocca per mettere in salvo la sua amata caffettiera Orso.
Notiamo il fornello più alto del dovuto ed una quadrettatura della caldaia per rendere l'idea del rame (non potendo utilizzare sfumature).
 
il 12 agosto 1917, sul n°190
 Come già visto poco fa si ritorna sul razionamento, arrivato perfino in Paradiso.
Pensare di bere in quegli anni un caffè espresso senza zucchero probabilmente era una vera eresia!
 
il 26 agosto 1917, sul n°192


 Questa pubblicità si riferisce certamente all'undicesima battaglia dell'Isonzo del 17 agosto (click per la fonte).
In quell'occasione memorabile fu la conquista del monte San Gabriele ad opera del primo reparto d'assalto italiano, gli Arditi. (click per la fonte)
 




E' l'unica pubblicità dell'Aquilas presente in questa raccolta, ed un motivo c'è.
L'Aquilas era la caffettiera prodotta dalla ditta "Fratelli Santini", da non confondersi con la ditta "Figli di Silvio Santini".
L'errore è evidente in questo caso, era come attribuire la "500" alla Alfa Romeo!
Già mi immagino l'indignazione in quel di Ferrara dopo la pubblicazione: "mai più con quella rivistaccia!!!"


 
il 9 settembre 1917, sul n°194
 
 Questa inserzione non presenta grosse novità, permane comunque lo sfruttamento del clichè già pronto, come per la seguente:
 
il 16 settembre 1917, sul n°195


 
il 7 ottobre 1917, sul n°198
 In questo caso viene affrontata la "tragedia"del consumatore di caffè: l'estenuante ricerca (ahimè invano) di un sapore simile al meraviglioso profumo che si sprigiona durante la tostatura o la macinatura stessa.
 
il 7 ottobre 1917, sul n°198
 "Parla il nonno", tre giorni prima di una leggera azione Tedesco-Austriaca atta ad alleggerire la pressione sul fronte dell'Hermada nei pressi di Trieste.
Azione ben nota anche dai Generali italiani che da mesi stavano preparando una "trappola ben congegnata"..
Molto acuta è l'analisi di Lorenzo Del Boca, giornalista e saggista, autore del “Maledetto libro di storia che la tua scuola non ti farebbe mai leggere”.
Del Boca spiega: “E’ una sconfitta che fa vergogna perché è la battaglia che ha messo l’aggredito cioè l’esercito italiano nelle condizioni di conoscere con enorme puntualità quali erano i piani degli avversari. E mai è successo nella storia che uno dei due elementi in causa conoscesse nel dettaglio i piani dell’avversario. Però Cadorna non ci credeva, perché lui al posto degli austriaci quell’operazione non l’avrebbe fatta. Questo è bastato perché tutti si conformassero, e quindi tutti hanno parlato di pseudo avanzata, pseudo iniziativa, sminuendo le informazioni che venivano dai disertori e dal servizio di intelligence. Le cose che potevano bloccare sono state subite, e noi abbiamo ancora piazzale Cadorna eccetera, e non riusciamo a fare giustizia. Ci sono dei responsabili; uno è Cadorna, un altro è Badoglio che era il comandante dell’artiglieria ma dette ordine di non sparare. Il comandante dell’artiglieria si chiamava colonnello Alfredo Cannoniere. Quando venne interrogato dalla commissione d’inchiesta fece vedere l’ordine di servizio dove c’era scritto di non sparare, perché l’ordine doveva darlo Badoglio, che era andato a dormire tre chilometri dietro, e nel disastro della battaglia quei tre chilometri non riuscì a percorrerli. Se la giustizia storica avesse messo un punto, forse avremmo evitato l’8 settembre del 1943 quando Badoglio rifece esattamente la stessa cosa”.


Di certo il siluramento di Cadorna, spigoloso cattolico,  tornò utile ai veri colpevoli di Caporetto, in primis a Pietro Badoglio, devoto massone. Sull’argomento Graziano ha preferito sorvolare accennando soltanto che «la commissione d’inchiesta fu severa con tutti tranne lui». Evidentemente il generale, uomo colto e profondo, non ha ritenuto necessario riaprire una pagina dolente per l’Istituzione militare. Comprensibile. Va però rammentato che quella notte maledetta il "callido marchese del Sabotino" — Badoglio era affamato di titoli e riconoscimenti — si “dimenticò”, dal comodo letto nelle retrovie, di ordinare ai suoi ottocento cannoni di sparare. Il silenzio di Caporetto.

Travolto dalla ritirata, Badoglio rimase per ore introvabile, irreperibile al punto che i suoi sottoposti chiesero al roccioso generale Caviglia — il vero eroe di quella tragedia — di essere incorporati nelle sue truppe. Fecero bene. Il fuggitivo era in altre cose affaccendato. Da subito — come ricorda Domenico Quirico nel suo “Generali” (Neri Pozza) — il futuro duca di Addis Abeba s’impegnò «a scatenare i talenti dei suoi protettori massonici: emerse da quei negoziati, invece che con a condanna alla fucilazione alla schiena, con a carica di sottocapo allo Stato Maggiore».
Una tragicommedia che Mussolini, una volta al potere, pensò d’utilizzare a suo vantaggio. Nella testa machiavellica del duce i dossier secretati erano un’arma micidiale per piegare Badoglio ai suoi voleri. Un’illusione, il maramaldo era cortigiano perfetto — durante il regime divenne miliardario — ma anche un personaggio infido e pronto a tradire qualsiasi padrone. Non pago di Caporetto, Badoglio fu il regista della vera, terribile e totale disfatta dell’Italia. L’8 settembre 1943, la data del disonore.
 
il 4 novembre 1917, sul n°202
 Pochi giorni prima dell'esonero del Generale Cadorna, quasi a presagire l'arrivo del "nuovo" (il Generale Diaz), la buona fantesca getta via le vecchie caffettiere (orrore e delitto collezionistico!!!).
 Lo sguardo di disprezzo verso il "vecchiume" non lascia alcun dubbio.
 
il 18 novembre 1917, sul n°204
 Fate caso al viso del soldato italiano: triste, dimesso, sofferente, forse rassegnato. Le accuse di codardia mosse da Cadorna e altri Ufficiali per scaricare le loro responsabilità ne hanno minato la volontà di combattere.
Solo un buon caffè preparato con la caffettiera Orso potrà aiutarlo. 
 
il 2 dicembre 1917, sul n°206
 Anche in questa pubblicità di Eugenio Colmo (Golia, click sul link) possiamo notare la disperazione che si viveva in quei giorni: ad un passo dalla (presunta) vittoria, gli italiani si trovarono in preda alla costante paura di un invasione nemica al di là della linea naturale del Piave.
Alla nobildonna lasciata al freddo (il carbone era diventato merce rara) e privata della servitù impegnata al fronte non rimane altra scelta che prepararsi (da sola,con le sue delicatissime manine!) un caffè con la amata caffettiera Orso.
Tutto il tono scherzoso ed umoristico della rivista si è ridotto drasticamente: ridotte le pagine stampate, ridotte le vignette spesso censurate o auto censurate, il clima di pesantezza e preoccupazione generale è palpabile.


il 16 dicembre 1917, sul n°208
 Ultima inserzione originale dell'anno 2017: tutto è perduto o quasi. La speranza rimane aggrappata ad una caffettiera Orso, baluardo dell'ingegno italiano contro l'impeto nemico.
 
Il 4 novembre 1918 terminò questa assurda guerra.
Per i meno informati l'esercito Austoungarico non fu sconfitto, non ci fu nessuna Vittoria Italiana. Anche in questo caso Badoglio (sempre lui!) ci mise lo zampino.

"Sin dal 29 ottobre gli austriaci avevano chiesto l’apertura immediata per la cessazione delle ostilità. Subito, dall’inizio delle trattative a Villa Giusti, gli austriaci si dissero disponibili alla resa incondizionata. Il 3 novembre il generale austriaco Viktor Weber von Webenau annunciò che il suo esercito aveva deposto le armi, ma Badoglio, che capeggiava la delegazione italiana, fu irremovibile: la firma della cessazione delle ostilità sarebbe avvenuta solo il 4 novembre. Webenau scrive: «Le operazioni militari non possono essere arrestate da alcuna nostra offerta e, quindi, neppure da una resa incondizionata, l’esercito italiano vuole entrare a Trento e Trieste come vincitore di una battaglia finale». Così accadde. Gli italiani assalirono l’esercito austroungarico oramai in fuga, e quella fu la «battaglia di Vittorio Veneto», località, che non a caso, prima non esisteva. Esistevano Ceneda e Serravalle che furono unite con un nuovo nome, appunto Vittorio Veneto". (click per la fonte

Per  un approfondimento consiglio la lettura di questo articolo riguardante "The legend of the Battle of Vittorio Veneto". (click sul link)


 Ringrazio di cuore Arnolfo e Giovanna per avermi dato l'opportunità di scoprire questi documenti rari e pregni di Storia ed emozioni.
 
 
 
 
 
 
 

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