Si consiglia la lettura del testo accompagnata dall'ascolto di questo brano:
Ogni oggetto pensato e poi realizzato dall'essere umano, reca con sè ulteriori valori aggiunti, sommati al valore effettivo o commerciale.
Sogni, Aspettative, Amore, Storia, Cultura.
Qualità senza prezzo per chi le riesce a cogliere.
Quando poi s'incontrano oggetti talmente speciali da togliere il fiato, l'adorazione trascende il semplice aspetto materiale.
L'immaginazione si mescola a visioni più o meno reali, stimolate anche dal contatto fisico con la materia.
Non sto parlando ovviamente di oggetti prodotti in serie su larga scala, ma di vere e proprie opere d'arte uniche e non replicabili.
Oggi voglio rendervi partecipi di un'emozione.
Immaginiamo assieme il Giappone della seconda metà dell'800: una Civiltà ricca di tradizioni millenarie, catapultata in maniera quasi brutale da uno stile di vita medioevale ad uno modernissimo.
Il 31 marzo 1854 il trattato di Kanagawa, imposto dagli Stati Uniti, pose fine alla politica di isolazionismo (Sakoku o "paese blindato") del periodo Edo, durata quasi 200 anni.
I commerci con l'estero poterono quindi svilupparsi liberamente e molte delegazioni partirono in visita presso i paesi occidentali per apprendere un nuovo stile di vita e scoprire le meravigliose novità tecnologiche dell'epoca.
La partecipazione giapponese all'Esposizione Universale di Parigi del 1867 fu certamente un'ulteriore "trauma culturale" per i partecipanti: una sorta di viaggio nel futuro.
Forse in quell'occasione ci furono i primi assaggi di una nuova e strana bevanda: il caffè.
In Francia, in quegli anni, la caffettiera più diffusa era sicuramente quella brevettata da monsieur Hadrot nel 1806, dotata di pestello pressacaffè, o la sua modifica composta da un diffusore dell'acqua che andava a bagnare in maniera uniforme il macinato.
Negli anni a seguire gli olandesi iniziarono ad esportare piccoli quantitativi di caffè verso il Giappone, ma la nuova moda non prese piede fino al secondo dopoguerra..
Eppure...
...eppure qualcuno arrivò a Kyoto con dei disegni costruttivi,
oppure con un semplice disegno copiato rapidamente dal vero..
Magari un ricco commerciante straniero..
..che commissionò alla ditta Dai nippon (大日本) una caffettiera "speciale".
Una Caffettiera cesellata finemente a mano, dove la microscopica difformità di ogni elemento ripetuto ne amplifica all'infinito la difficoltà di realizzazione.
Rame, ottone, ferro.
Qualche goccia di stagno.
Alberi, foglie, farfalle, uccelli, fiumi, fiori.. ne cogliete i profumi?
L'essenza della Bellezza della Natura.
Ed un pò nascosto, nel lato posteriore del supporto...
.. un cartiglio!
A chi avrei potuto rivolgermi per un expertising di un tale gioiello?
Ovviamente al Guru Nazionale, sicuramente il massimo esperto Mondiale di caffettiere ottocentesche: Mauro Carli.
Non solo mi confermò l'assoluta rarità (e bellezza ) dell'oggetto, ma riuscì persino a trovarmi una traduttrice!
Qui sopra possiamo vedere la traduzione originale della gentilissima signora Kazuyo Hada
(Cecina, LI).
Dai nippon di Kyoto il nome della ditta; Murakami Takejìro il nome del genio cesellatore, (in arte Zou).
Dai nippon di Kyoto il nome della ditta; Murakami Takejìro il nome del genio cesellatore, (in arte Zou).
Da una stampa d'epoca possiamo ammirare gli eleganti caratteri kanji della parola "Dai Nippon" che letteralmente significa Grande Giappone (nel cartiglio visibile in alto a destra)
La conformazione dell'ingresso del fornello ci fa intuire che in origine venisse utilizzato un modello a coppetta spegnifiamma e regolazione dello stoppino con rinvio esterno.
Il fiore riprodotto sul coperchio assomiglia ad un Mandala indiano.
Il diffusore in latta ed il rivestimento interno della caffettiera evitavano contaminazioni "aromatiche" di rame nella bevanda.
Spero di avervi fatto apprezzare quest'oggetto unico con queste poche righe; l'unica caffettiera di tutta la mia collezione firmata dal suo autore, Murakami Takejìro, testimone di un'epoca purtroppo perduta per sempre.
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