lunedì 21 novembre 2011

I.R.M.E.L.



Ho l'onore di pubblicare una piccola intervista fatta all’ing. Guido Dellavedova, titolare della storica ditta IRMEL di Omegna (VB).

Il sig. Guido ci racconta la storia della sua  azienda; una storia ricca di passione e dedizione.

Il 22 agosto 1946 il sig. Giovanni Dellavedova fondò assieme al cognato Renzo Cerutti la “ Industrie Riunite Metallo e Legno”  con sede a Crusinallo, una frazione di Omegna.
Tutta la zona ebbe una forte espansione industriale a partire dalla metà dell’ottocento grazie alle prime centrali idroelettriche ed alla disponibilità di acqua; arrivarono ferriere, fabbriche di tessuti stampati e tessili.
Aziende famosissime quali la Bialetti, la Alessi, la Girmi, la Lagostina, la Calderoni, la Piazza,e una marea di altre più piccole, crearono un polo produttivo del casalingo di eccellenza, senza eguali in Italia.
Al termine della seconda guerra mondiale il sig. Giovanni  creò una piccola ma ramificata rete commerciale di oggettistica in legno e metallo, prodotta nella zona lago d’Orta; posate, pentole ed altri utensili domestici venivano ritirati personalmente presso i piccoli produttori e poi rivenduti in Italia ed all’estero.
Nel 1947 venne acquistato dal sig. Coppo Amalio  il brevetto 26245 riguardante una caffettiera a corpo unico e filtro interno amovibile: nacque così la Nova Espress della I.R.M.E.L.  

Per  affrontare al meglio questo nuovo impegno “metallurgico”,Giovanni  si fece aiutare dal fratello Emilio, fino ad allora alle dipendenze della ditta Alessi.
In quegli anni era appena partita la più famosa fabbrica di caffettiere italiana, la Bialetti, creata da Alfonso, padre del famoso “Omino coi Baffi” Renato Bialetti, vecchio amico di Giovanni (classe 1922). 

Nei successivi anni “d’oro” i due si ritrovavano alla sera presso il bar del paese e tra un bicchiere di vino ed una partita a carte sfoderavano i dati produttivi della giornata: la IRMEL da 5 a 10.000 caffettiere, la Bialetti 15.000 …..
 
Man mano che lo stampaggio delle caffettiere e di altri utensili per la casa aumentavano, il settore del legno perdeva sempre più importanza per la I.R.M.E.L.  Per questo venne fondata la ditta DELBRU assieme al sig.  Giuseppe Brusa per la produzione di macinapepe e spargisale in legno.
Vennero prodotti addirittura dei mappamondi in alluminio e dei distributori da drogherie ed alimentari chiamati “silos” con base in alluminio e corpo in vetro e venne installato il più grande impianto italiano di ossidazione anodica dell’alluminio, grazie al quale si avviò la produzione dei portaombrelli in alluminio anodizzato di cui si riempì l’Italia.

Il simbolo aziendale, una saggia civetta, trae origine dall’infanzia di Giovanni, quando abitava assieme ai suoi sette fratelli a Casale Corte Cerro. Accanto alla loro casa sorgeva una cappelletta data in gestione alla Famiglia Dellavedova; sul segnavento issato al di sopra del piccolo campanile c’era proprio una civetta.
 
Nel 1954 venne deciso di trasferire la sede aziendale ad Omegna presso quella che fino al 1928 era la Cardini, 
una fabbrica specializzata nella lavorazione delle lamiere ed in special modo nella creazione di giocattoli a molla. Navi, automobili, transatlantici, prodotti in 8000 metri quadri per 200 dipendenti.
Le stesse scatole poi diventavano la scenografia per le storie più fantasiose dei bambini dell’epoca.
La fabbrica era sicuramente all’avanguardia: generatori autonomi di corrente,  ottima disposizione degli ambienti lavorativi ed una scuola di formazione professionale posta all’ultimo piano, dove venivano anche progettati e realizzati i macchinari stessi.
Parallelamente alla produzione dei famosi giocattoli, l’azienda produceva pure fanali ed altri accessori per il

mercato automobilistico, in particolare per la FIAT    
                                                                       
e durante il periodo bellico caricatori per mitragliatrici; in un reparto della fabbrica venne allestito un poligono di tiro per i test di collaudo.
Nel 1954 la fabbrica Cardini venne trasferita  a Torino  per essere più vicina al suo principale cliente FIAT
Al suo posto ad Omegna si insediò la IRMEL  con tutte le migliori prospettive possibili.
In contemporanea  vennero costruiti nuovi modelli denominati “Novina Espress” a 1, 2, o 4 beccucci per versare il caffè direttamente in tazza.   
                          
Giovanni , da tempo affiltto da problemi renali, decise di andarsi ad operare a Torino  proprio in occasione del trasferimento, in modo da affrontare al meglio le sfide future.
Purtroppo la sala operatoria gli fu fatale e morì a soli 36 anni lasciando il piccolo Guido e la moglie Rosita.
A 29 anni Rosita Cerutti si ritrovò alla guida dei 100 dipendenti della IRMEL e ne resse le sorti fino al 1960 quando si risposò con un medico, il dott. Giusto De Pascale che la affiancò nella gestione fino al 1981.
Nel 1960 Emilio Dellavedova fratello di Giovanni, lasciò l’azienda e fondò la Peltro Delfi con sede a Gravellona Toce dove iniziò la produzione di articoli casalinghi in peltro, materiale a quei tempi molto in voga.
In quegli anni le tre aziende che avevano preso origine dalla vecchia Industrie Riunite Metallo E Legno (I.R.M.E.L.) e cioè la IRMEL (che nel frattempo aveva perso i puntini distintivi), la PELTRO DELFI e la DELBRU, tutte operative nel settore casalingo, davano lavoro tra personale diretto ed indiretto a circa 600 persone.

Nel 1965 per  adeguarsi alle richieste del mercato e creare una differenziazione produttiva, accanto all’alluminio si iniziò la produzione di  caffettiere e di altri oggetti in acciaio inossidabile 18-10
Nei primi anni ’80 l’ing. Guido Dellavedova iniziò a gestire in proprio l’azienda di famiglia, migliorando sia l’aspetto produttivo che quello commerciale.
La caffettiera “Nova Inox” prevedeva 140 operazioni per arrivare al prodotto finito; il sig. Guido riuscì a ridurle a 60; nonostante ciò il prodotto risultava ancora troppo caro e dovette, in seguito, cessarne la produzione.
Un tentativo di rilancio dell’inox venne fatto con la macchina “Modulo 2000”, cercando di venire incontro alle esigenze dei commercianti, che chiedevano un solo tipo di guarnizione per caffettiere con diversa capacità di erogazione.  Il diametro rimaneva lo stesso ma  la macchina variava in altezza.
Dal 1989 circa, venne sospesa la produzione di macchine in inox, divenuta insostenibile, e venne avviato un deciso restyling per le macchine in alluminio, cavallo di battaglia dell’azienda: venne creata la “Maggiolina”.
Al Salone Internazionale della Casa di Milano (Macef), nel 1989, la “Maggiolina” riscosse un immediato successo: macchine così colorate e “simpatiche” non se n’erano mai viste.

Lo stand espositivo ricco di macchine laccate o anodizzate lasciò tanti a bocca aperta.
La produzione continuò fino al 2000, annoverando tra i propri clienti le migliori catene di distribuzione italiane e straniere, nonché il mercato promozionale.
Un dato per tutti negli “anni d’oro” il solo negozio Croff di Corso Buenos Aires aveva una cadenza di vendite di 500 pezzi a settimana solo per le caffettiere
Poi la guerra dei prezzi al ribasso con i produttori esteri , in special modo la Cina, obbligò la gloriosa Irmel ad un lento declino.....




7 commenti:

  1. Fascinating story, Lucio. This is a wonderful account of that company's industrial design innovations.

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  2. questa bellissima storia che parte dalle caffettiere per diventare una narrazione di imprenditori, di tecnica, di amore per il lavoro, di capacità manageriali, di inventiva, di serietà, è stata resa da te viva e affascinante. Complimenti anche per aver dato in questi tempi di superficialità e pressapochismo un contributo a riflettere e a sperare.
    Alberto

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  3. una storia che veramante traspira tristezza,ma bravo per avercela raccontata...purtroppo temo che sarà inesorabilmente la fine che faremo noi"piccoletti"

    ale

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  4. I periodi difficili o fortificano o uccidono.
    Bisogna decidere se arrendersi o combattere anche stravolgendo le proprie abitudini più radicate.
    Puntando sulla qualità sia degli articoli che del proprio servizio vendita, anche i "piccoletti" possono superare indenni le crisi globali.
    Ma bisogna avere il coraggio di cambiare.
    Mi fazo sempre el tifo per ti!

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  5. Questa è anche la storia di una famiglia e proprio per questo motivo e per il fatto che le date riportate nel racconto racchiudono momenti ed emozioni intime ancora vive, è difficile per chi coinvolto direttamente esprimere un commento.
    Occorre però aggiungere che Rosita non è stata solo madre o moglie ma anche una donna forte, un'imprenditrice coraggiosa amata e rispettata da tutti per la sua intelligenza e forza di volontà, (rimase vedova a 29 anni con un figlio piccolo e un'azienda da condurre);la sua vita è talmente interessante e unica che sarebbe bello farsela raccontare direttamente da lei. n cenno in più anche in memoria di Giusto (il secondo marito di Rosita) che per amore ha abbandonato la sua professione di medico a Milano per vivere con Rosita sia nella vita sia nell'attività, entrando in punta di piedi nell'azienda e dimpostrando grandi capacità imprenditoriali. Rosita e Giusto hanno sempre gestito l'azienda con serietà, onestà autorevolezza e grande inventiva.

    cristina con amore

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  6. Ma certo cara Cristina, questo è solo il primo post che scriverò sulla Irmel... I tuoi interventi saranno sempre molto graditi!

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  7. Caro Guido sono Domenico Moriconi il nipote di Luigi Amantini e sono stato un tuo rappresentante per il Lazio negli anni '80.Ti ricordo sempre con tanta stima ed affetto. Un carissimo saluto!!!!!!!

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