domenica 26 ottobre 2008

Sama Milano modello export : un trattore da caffè

Negli anni '70 una piccola azienda di Milano produsse queste macchine espresso adatte ad un uso casalingo .
Ogni più piccolo particolare fu realizzato seguendo principi di praticità e razionalità.
Tanto acciaio inox (compresa la caldaia) dimensioni compatte, e sforzo ridotto per azionare la leva, ne decretarono un discreto successo nel mondo dei "maniaci" del caffè espresso.

Incredibilmente e dopo varie vicissitudini, la stessa macchina con lo stesso nome (export) viene tuttora prodotta dalla Ponte Vecchio di Pavia.
Evidentemente il progetto di base era qualitativamente...perfetto.

Le sue linee squadrate riflettono le tendenze stilistiche di quegli anni.
La griglia superiore funge da scalda tazzina monoposto.


Il controllo visivo del livello: una chicca sempre utile per evitare di mandare in corto circuito la resistenza


Un timer magnetico (in tinta!) da me applicato sul fianco mi avvisa quando la macchina è in temperatura (circa 7 minuti)


Vista dall'alto della razionale disposizione dell'apparecchiatura di erogazione del vapore, per ottenere cremosi capuccini (...soffici...) e della valvola di sicurezza, atta ad evitare sovrappressioni in caldaia.


Dopo quasi un mese dall'acquisto posso finalmente fornire un giudizio oggettivo: questa macchina è veramente un trattore, un' inarrestabile sforna caffè, facile da pulire, resistente all'uso quotidiano, capace di ottimi cappuccini.
Le condizioni generali sono ottime, ero tentato (un giorno lo farò) dal sostituire le guarnizioni del pistone , ma al momento non è assolutamente necessario.

In una prova in parallelo con la Elektra , stesso caffè e stessa macinatura, regge il confronto a livello visivo ed olfattivo, ottenendo una maggior quantità di crema (che fastidio!), perdendo però la sfida nell'assaggio. Vedremo nei prossimi mesi se riuscirò a trovare un buon compromesso tra grado di macinatura e peso di compressione del macinato.

Atomic (5) : storia di un restauro

Ed eccoci arrivati al "famoso" buco.
Non me la sentivo di lasciare l'Atomic così "mutilata".
Ho quindi utilizzato un bicomponente della Pattex per riempire la cavità.

Durante la fase di asciugatura...


... ed a lucidatura effettuata.


Ovviamente non si possono ottenere dei miracoli, ma mi ritengo comunque soddisfatto.

Ed ora? Manca qualcosa? Dovrei aver finito...

Il bricco, no? Ma se un'Atomic prima serie è rara, quanto lo può essere il suo bricco così particolare? Rarissimo.

Ma sto già meditando un rimedio......

venerdì 24 ottobre 2008

Atomic (4) : storia di un restauro

Il tappo di caricamento mi ha impegnato notevolmente:
una delle peggiori catastrofi per chi acquista un'Atomic è il tappo "cementato" al corpo macchina.
Infatti il distacco della parte esterna era dovuto al tentativo maldestro di rimozione del tappo stesso.
Dopo alcune spruzzate di Svitol, ho bloccato la macchina in morsa , ho applicato una pinza grip ben serrata sul corpo del tappo ed ho martellato delicatamente sulla pinza con un martello di gomma, sfruttando l'effetto leva.
Magicamente il tappo ha iniziato a ruotare.....


Dopo aver effettuato una pulizia profonda con acquaragia ho provveduto all'incollaggio delle parti con colla per materie plastiche; dopo 24 ore ho riempiti gli interstizi con Super Attak, comprese alcune fratture radiali.


Quindi ho ripristinato la funzionalità della valvola di sicurezza con del Crc , forzandola più volte in apertura .


Al termine delle summenzionate operazioni , ho ricavato una guarnizione in gomma con un set di fustelle Beta prestatemi da un "amico".


Dopo la lucidatura la macchina sembrava "rinata".


Ore di fatica ben ripagate...


... con il primo caffè di prova.

giovedì 23 ottobre 2008

Atomic (3) : storia di un restauro

Il filtro era ovviamente "usato", anzi usurato.
graffi in gran numero testimoniavano la quantità di caffè fuoriusciti da quei simpatici forellini.
La disposizione dei fori sembra radiale ma in effetti è a croce e non a stella come poi adottato in seguito.


Un'altra differenza rispetto all'altro modello in mio possesso è lo spessore dell'alluminio veramente "generoso" , direi massiccio.


Anche in questo caso la lucidatura è servita principalmente a rimuovere qualche incrostazione.


Però internamente non ho resistito e l'ho lucidato al meglio, essendo la parte a contatto con la polvere di caffè.


Ed eccoci al "pezzo grosso"! Da notare l'assenza del tappo (ne parlerò più avanti).
Un' umida cantina ha probabilmente permesso all'allumino di ossidarsi per benino.


Cominciavo a preoccuparmi...


Le viti in pessime condizioni...
Ho fatto dei tentativi di rimozione della vite centrale per pulire lo screen superiore.
Ho dovuto rinunciare per non rischiare di spezzarla.
Ho quindi eseguito una serie di pulizie interne mediante acido citrico (2) seguite da lavaggi con aceto bianco (3) e svariati lavaggi con agitazione meccanica per aiutare la fuoriuscita delle incrostazioni calcaree.


Le 3 viti di fissaggio del cappello erano anch'esse molto arrugginite e già rovinate nell'intaglio.
Sicuramente (parecchi) anni fa era stata fatta una manutenzione della guarnizione ed era stata sostituita con del Caf (guarnizione liquida)di colore nero.
Che il precedente proprietario lavorasse all'Ansaldo di Monfalcone?
Con un coltellino affilato ho poi rimosso tutte le tracce della guarnizione stracotta ed incollata al bordo dello screen.

Atomic (2) : storia di un restauro

Uno dei grossi dubbi che attanagliano il restauratore è quanto in profondità si debba intervenire.
Bisogna porsi degli obiettivi e soprattutto dei limiti.
E' giusto o no lucidare a specchio una caffettiera con 60 anni di onorata carriera alle spalle?
E' giusto intervenire per ripristinarne la funzionalità a discapito dell'estetica?
Dopo una attenta e meditata valutazione ho deciso di effettuare un ripristino rispettoso e accurato, senza esagerare con la lucidatura.


Per cominciare ho svitato il manico del portafiltro :
la vite in ottone era molto ossidata e la parte in bachelite era porosa e molto sporca.

qualche passata di Duraglit su entrambe le parti et voilà!
Ebbene si, con l'ovattina magica si può pulire anche la bachelite.

Il portafiltro in alluminio si presentava in buone condizioni sia esterne...


...che interne. Mi sono emozionato nel vedere le fresature nella parte cilindrica atta ad accogliere il filtro.


Tanto olio di gomito, qualche crampo alla mano e lana d'acciaio 000 hanno resuscitato il portafiltro

mercoledì 22 ottobre 2008

Atomic (1) : storia di un restauro


Il 18 settembre del 1946 il sig. Giordano Robbiati brevettò un nuovo tipo di macchina percolatrice , una vera rivoluzione per l'epoca. La macchina era costruita in alluminio, tanto alluminio, di dimensioni inusuali , quasi ingombrante.
Subito qualcuno fiutò l'affare e comparvero dei cloni in Austria e più tardi in Ungheria .
La produzione continuò con piccole ma significative modifiche costruttive e funzionali fino al 1985. Poi il nulla.

Il primissimo modello è qui splendidamente rappresenato nello schema descrittivo del brevetto inglese.

Da qualche anno sono il felice possessore di un modello presumibilmente degli anni '70 dotato di lancia a vapore per far schiumare il latte e di barra in ottone blocca goccia.

Domenica scorsa però il mio cuore ha rallentato... sempre di più.... Al mercatino dell'usato, in bella mostra su un tavolone c'era una Atomic prima serie. Brutta , molto ossidata, priva del bricco raccoglicaffè, le viti arrugginite, il tappo di caricamento rotto spezzato in due parti concentriche e bloccato saldamente al corpo (una tragedia!!!), mancante di tutte le guarnizioni e dulcis in fundo , un "buco" di 5 mm di diametro dovuto a mio avviso ad un difetto di fusione.
Ho avuto il mio bel daffare per mascherare la mia gioia assoluta; ma i venditori, due signori anziani molto gentili e comunicativi non erano molto interessati a quel vecchio pezzo di metallo, inutilizzabile per di più.

Il marchio indicato sul cappello recita : Atomic Milano Brev. Robbiati - concessionario Croci.

Il "buco" misterioso

Il tappo veramente mal ridotto.

Il prezzo non è stato un problema, avrei speso 5 volte tanto, ma gli interventi necessari erano parecchi. Quindi mi sono rimboccato le maniche e..... (segue)

mercoledì 1 ottobre 2008

L'Imperial regio Esercito austro-ungarico


Ogni epoca recente ed ogni territorio ci hanno lasciato svariati metodi
e macchinari per estrarre il miglior caffè possibile.
L'Austria era un paese ordinato, fino al 1918.
E negli anni precedenti la Grande Guerra ci fu un solerte addetto ministeriale
che si preoccupò di uniformare anche il metodo di preparazione del caffè.
Queste macchine, realizzate in svariati materiali e con cure costruttive diverse ,
a seconda del grado(sottufficiali o ufficiali o grandi ufficiali)dell'utente finale,
furono prodotte in gran quantità da un nutrito numero di costruttori/artigiani.


Tecnicamente la macchina è ... una moka!
ma come? la grande invenzione del sig. Alfonso Bialetti del 1933...
era già in funzione da più di 50 anni?
Certe differenze sono evidenti, ma il principio (ed il risultato ) è lo stesso.

Il rubinetto ed i manici del fornello sono in osso lucidato a specchio.
La lega è probabilmente composta da un' alta percentuale di argento.

La base è in ceramica bianca priva di marchi.
L'interno, composto da una doppia camera, accoglieva l'acqua necessaria a 2 tazze.

Il marchio dell'esercito KK (kaiserliche und königliche Armee)
è sormontato dall'aquila imperiale a 2 teste.

Una molla impediva allo screen superiore di ruotare, e manteneva il macinato compresso tra i due filtri. Gli accoppiamenti a vite sono... perfetti. Basta una piccola spinta e si avvitano da soli.

La cupola in vetro permetteva di controllare la fuoriuscita del caffè nella seconda camera.

Questo oggetto, cent'anni fa di uso comune (o quasi , visti i prezzi dell'epoca),
è da me oggi venerato ed amato.
dopo svariate ricerche credo di aver individuato il costruttore:
Richard Emmer , Wien.

La caffettiera più rara ?

rarità s. f. [dal lat. rarĭtas -atis, der. di rarus «raro»]. Oggetto (soprattutto d’arte o da collezione) raro, difficile a trovarsi in quan...