rarità s. f. [dal lat. rarĭtas -atis, der. di rarus «raro»]. Oggetto (soprattutto d’arte o da collezione) raro, difficile a trovarsi in quanto ne esiste o ne è disponibile solo un numero limitato di esemplari. (Enc.Treccani)Negli ultimi 14 anni ho utilizzato spesso a sproposito questo termine e me ne dolgo. Ho avuto modo di ascoltare colleghi collezionisti e presunti esperti dichiarare rari o rarissimi oggetti che nel tempo si rivelavano abbastanza semplici da reperire.Bastava cercare meglio, cercare con altre parole chiave, cercare in altre Regioni o Stati oppure attendere con pazienza…Di norma la difficoltà a reperire un oggetto parte dalla scarsità di informazioni a suo riguardo. O peggio ancora dall’inconsapevolezza della sua esistenza. Se vogliamo credere alla “legge dell’attrazione” (https://www.meditazionezen.it/legge-di-attrazione/#:~:text=La%20Legge%20di%20Attrazione%20%C3%A8,la%20forza%20dei%20nostri%20pensieri.) come possiamo desiderare o “attirare” un oggetto se non lo riusciamo nemmeno a immaginare?Per questo motivo, su richiesta della scopritrice L.B. , oggi voglio permettervi di immaginare, di farvi sognare, desiderare e condividere con voi appassionati una vera rarità. Una caffettiera che tutti i collezionisti vorrebbero poter esporre in una vetrinetta e cercano disperatamente in ogni cesta stracolma di similari ai mercatini.Ma in questo caso raro ben si accompagna a unico (almeno per ora).Più avanti capiremo assieme in cosa consiste questa unicità.Inoltre, su questa caffettiera, o macchinetta del caffè che dir si voglia dovrei aprire una serie di considerazioni che non affronto qui per rispetto ad un libro che sarà pubblicato a breve a riguardo: sappi
ate solo che essa racchiude ancora segreti e bugie e misteri degni di un romanzo di Raymond Chandler.Mi ritengo fortunato ed onorato di aver potuto pulire e restaurare questa caffettiera. Sappiate che l’ho fatto con religiosità e passione, andando ad osservare e poi fotografare con cura ogni minimo particolare. Ho cercato di capirne le difficoltà di realizzazione in una buia e sporchissima fonderia della fine degli anni 30.Stiamo parlando quindi di un “recipiente a superficie sfaccettata specialmente adatto per preparare e servire il caffè” rivoluzionario in quegli anni. Quando tutte le caffettiere in alluminio di quell’epoca venivano ricavate per stampaggio tramite pressa, questa fu (presumibilmente) la prima realizzata per fusione. Tale soluzione rendeva la macchina più robusta e duratura e impediva alla caldaia di gonfiarsi “a palloncino”.L’accoppiamento a vite tra caldaia e bricco superiore era già stato brevettato e commercializzato precedentemente da Giovanni Vecchio di Milano (brevetto 309250 del 17/09/1932 per un apparecchio servente alla preparazione della bevanda di caffè ed altre infusioni) quindi non era una novità. Per maggiori informazioni: https://caffettiere.blogspot.com/2019/04/dubbi-amletici-riguardo-la-caffettiera.html
Bando alle ciance ed iniziamo a vedere di cosastiamo parlando.I più esperti diranno: “ah, la prima moka”.I super esperti diranno: “ah la prima moka.. noaspetta: c’è qualcosa di diverso!”Due o tre persone diranno: “oh oh oh!!!”Molti si saranno chiesti le mie stesse domande:ma da dove arriva questa forma cosìcomplessa? Quale è stata l’evoluzione perarrivare ad un modello industriale cosìspigoloso? Ma soprattutto: perché se netrovano talmente poche? Provo a dare unaspiegazione..Tecnicamente la difficoltà più grossa all’epocaera la costruzione di uno stampo apposito, la“conchiglia” di ghisa. In questo caso specificodoveva essere ancora più complesso perché lacaldaia, come ben vedete, si allarga per poirestringersi nuovamente. Il costo di talestampo era elevato e necessitava di grandemaestria per realizzarlo. Poche fonderie eranostrutturate in tal senso. Pochissime.La forma a spigoli secondo me prende spuntodalla celeberrima serie Alessi Ottagonale del1935, anch’essa ispirata dalle forme deitavolini da caffè che spopolavano nelle case della ricca borghesia https://alessi.com/collections/carlo-alessi
Nella foto qui sotto potete notare la medesima conformazione della base che va a stringere.Un piccolo dubbio quindi mi assale: chi copiòchi? A chi vogliamo credere?Il “quando” non è così marginale. Perché spiegherebbe la quantità esigua di pezzi prodotti. Proviamo ad immaginare per ipotesi di avere in mano un design vincente datato 1935 (o più verosimilmente 1937) (vedi: https://caffettiere.blogspot.com/search?q=renato+bialetti) , ma di non avere i fondi necessari per poterlo realizzare.
Cosa si sarebbe potuto fare? Attendere.
Mesi, anni, e poi, finalmente, ecco realizzato il sogno! Una produzione che se per quanto spinta non poteva superare i 10 pezzi al giorno utilizzando un unico stampo a rotazione (sempre secondo me!).
Magari dopo 3 anni? Magari pochi mesi primadel 10 Giugno 1940?Il giorno delle decisioni irrevocabili?Si spiegherebbe in tal senso la difficoltà estrema di reperimento: una scarsa, scarsissima produzione (altamente improbabili i 70.000 pezzi dichiarati da Renato Bialetti nel 1967) a fronte di circa 8 pezzi attualmente sparsi tra varie collezioni europee (più uno in Giappone). Vedi i miei personali dubbi amletici del 2019 a riguardo: http://caffettiere.blogspot.com/2019/02/dubbi-amletici-riguardo-la-caffettiera.htmlLa caffettiera oggetto di queste mieconsiderazioni rappresenta oggi una novità: lafamosa “unicità”. Rispetto alle pochissimemacchine attualmente conosciute concapienza di tre tazze, questa è da sei tazze.Quindi gli stampi erano almeno due!Altro aspetto che rende incredibilmenteinteressante questa caffettiera è, che per la prima volta, ho avuto la gioia di toccare conmano il filtro, il controfiltro e l’imbuto,originali e coevi.Nelle altre macchine già pubblicate in questoblog, purtroppo, i filtri erano stati sostituiticon altri ben più moderni.L’irregolarità dei fori mi fa pensare ad unasorta di pressa multi punte oppure addiritturaalla loro realizzazione “uno ad uno” mediantemaschera e trapano.Filtro e controfiltro furono realizzati secondogli standard “poveri” dell’epoca, quindi inlastra di ferro nickelata. Le caffettiere dibuona qualità invece erano dotate di filtri inottone nickelato. La differenza al palato èsostanziale.Per quanto riguarda l’imbuto invece ci troviamo davanti ad un oggetto tornito in lastra; per i meno esperti consiglio di cliccare sulla spiegazione di Wikipedia per una spiegazione: Tornitura in lastra: https://it.wikipedia.org/wiki/Tornitura_in_lastraSi possono ben vedere le rigature lasciatedall’attrezzo in legno necessario a modellarnela forma attorno allo stampo.Il camino non sembra avvitato come in altrecaffettiere simili ma semplicementeaccoppiato con interferenza, frutto di grandeabilità e precisione.La parte terminale del camino è conformata aforma di semicalotta leggermente ovoidale,
provvista di quattro fori di uscita sistemati a
croce. Si vedono le tracce della lavorazione,sicuramente realizzata al tornio anch’essa.Il tappo mantiene la forma ottagonale mentreil pomello di legno, dipinto di nero, replica unesagono.Il tappo è provvisto di una costa circolare chene permette l’alloggiamento stabile sopra albricco di raccolta e inoltre presenta, sui duelati contrapposti e ortogonali al beccuccio diuscita, due “bastoncini” che ne bloccano larotazione.La conformazione dello smusso del tappopresenta due tratti paralleli verso l’esternomentre al centro la forma semicircolaresembra sia stata lavorata con una limasemitonda.Il manico di questa sei tazze rappresenta un'evoluzione rispetto a quello della tre tazze (vedi: https://caffettiere.blogspot.com/search?q=prima+moka&updated-max=2019-09-07T12:05:00%2B01:00&max-results=20&start=3&by-date=false) : il micro manico in legno certamente molto elegante era in effetti privo di una qualsiasi logica o praticità. L’ustione delle nocche prendendo il manico con tre dita era una certezza ad ogni versata di caffè.In questo caso il manico, avvitato al corpo delbricco, aumenta di dimensioni e le duescanalature permettono di pinzare conmaggiore efficacia la caffettiera (che ricordonuovamente è di capienza doppia, quindimaggior peso e maggiore altezza).L’interno della caldaia reca traccia dellostampo: "Quanto darei per poterne vedere unodal vivo!"La “macchinetta del caffè” vi saluta! Attendiamo ovviamente nuove scoperte nel prossimo futuro. 😉
Complimenti per questa nuova scoperta!
RispondiEliminaBravissimo Lucio! Sempre sul pezzo… 😊👍❤️☕️🇮🇹™️
RispondiEliminaThanks for the pictures Lucio, especially for the inside one which gives a good idea of how complicated it was in the manufacture. Rare or not Rare is not the question here for me. For me, it has the potential to destroy a myth... and a chance to give us more understanding in the era. Looking forward to some revelations... Mik
RispondiEliminaMi sono da poco affacciato all'incredibile mondo delle caffettiere e delle macchine caffè a leva (ho una piccola collezione che man mano spero di ampliare). Ho così conosciuto questo blog che ho letteralmente divorato in pochi giorni. Si legge come un romanzo avvincente: brevetti, profumi, scienza, passione, misteri, storie di uomini e di donne, industria, design, crescita e caduta, amore, sapori, sesso, tecnica, psicologia, nostalgia e speranza. Soprattutto tanto tanto caffè. Purtroppo molti link proposti non sono più attivi ma tanto altro si e così con calma lo rileggerò ancora e ancora. Avendolo letto in così breve tempo ho avuto la fortuna/sfortuna di vederlo scorrere velocemente, con i cambiamenti che ha avuto, con la crescita dei contatti, con gli approfondimenti, le incertezze: una storia nella storia raccontata da Lucio.
RispondiElimina